Gli Stati Uniti sono in guerra contro l’Iran. L’attacco è arrivato a sorpresa, notturno, proprio come quello improvviso di Israele, una settimana fa.
Gli Stati Uniti sono in guerra contro l’Iran. L’attacco è arrivato a sorpresa, notturno, proprio come quello improvviso di Israele, una settimana fa. Una minaccia reale, che fa salire di livello il conflitto e le sue conseguenze, a fronte di una minaccia al momento ritenuta inesistente sul piano militare, perché secondo fonti di intelligence americane, consultate dalla CNN e secondo l’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica con sede a Vienna, l’Iran non dispone di armi nucleari.
Le micidiali bombe MOP ovvero MassiveOrdnancePenetrator, capaci di perforare qualsiasi bunker, secondo gli esperti della difesa americana, sono state sganciate dai bombardieri invisibili B2, partiti dal Missouri, che hanno obliterated (cancellato), nelle parole del Presidente Trump, il principale sito nucleare iraniano: Fordow, nel nord ovest del Paese, dove si procedeva all’arricchimento dell’uranio, cui si sono aggiunti una trentina di missili Tomawak, lanciati dai sottomarini impiegati nell’area, contro i siti di Natanz e Esfahan. Autorizzando l’operazione, Trump ha smentito tutto ciò che aveva detto in precedenza: la sua volontà di pace per il Medioriente a cominciare da Gaza, la cui tragedia è finita in un buco nero, il contenimento dell’aggressività israeliana, l’intenzione di attendere almeno due settimane per verificare la possibilità di negoziati con l’Iran (peraltro interrotti bruscamente proprio alla vigilia dei bombardamenti israeliani di una settimana fa), la politica annunciata al momento del suo insediamento, che doveva essere rivolta soprattutto al benessere dell’America (AmericaFirst ) e non agli scenari internazionali.
Nella conferenza stampa, da lui tenuta alla Casa Bianca, mentre in Italia erano le quattro del mattino di domenica, ha sfoderato enfasi e minacce, come gli è congeniale. Si sarebbe trattato di «uno spettacolare successo militare… il raid più difficile e forse più letale mai avvenuto finora… da quarant’anni l’Iran ripete: morte all’America, morte a Israele… il grande bullo del Medioriente ora deve scegliere: pace o tragedia». E se la forza delle immagini resta più forte delle parole, aggiungevano colore il viso del presidente, che appariva congestionato, mentre sembravano scolpiti nel ghiaccio quelli degli uomini che gli facevano corona: il vice JD Vance, il segretario di stato Marco Rubio, il segretario alla Difesa Pete Hegseth. Un discorso di appena tre minuti.
Le altre immagini, relative agli effetti dei bombardamenti, diffusi dal sito Time News, considerato non sempre attendibile, mostravano invece grandi esplosioni e colonne di fumo, in un contesto però che sconcertava. Come in un video pubblicitario, era stata scelta una colonna sonora, genere wargames, mentre le immagini, corredate di grafica, si impastavano ad altre, girate evidentemente in momenti diversi. Un video, che appariva finto: utile al patos, negato al panico. Una sensazione di incredulità e di inquietudine, che peraltro si ripete dinanzi alle reazioni occidentali, oramai a diverse ore all’attacco, con commenti quasi estranei alla realtà e alle sue accelerazioni che potrebbero invece portare, secondo il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres «una minaccia diretta alla pace e alla sicurezza internazionali».
Qualche esempio. Ursula von der Leyen, a nome dell’Unione Europea, ha insistito su una soluzione diplomatica credibile. Il segretario delle Nato, Mark Rutte, tramite un suo funzionario, ha fatto sapere che «l’Alleanza sta monitorando attentamente la situazione». L’Italia, con i ministri Crosetto e Tajani, ha sottolineato la necessità di una de-escalation. Nella sostanza, la conferma del doppio standard, che sta attanagliando l’Europa: silenzio sulle violazioni del diritto internazionale, sia da parte di Israele (compresi Gaza, il Libano, ecc;) sia degli Stati Uniti (il bombardamento dei B2 e l’abbandono dei negoziati), pieno sostegno alla linea di Netanyahu, che enfatizzando la minaccia nucleare iraniana, è riuscito a convincere anche Trump, pur sapendo (lo avrebbe lasciato anche intendere) che la bomba al momento non c’è.
«Un silenzio che farà precipitare il mondo nel caos e nel pericolo… che rende inevitabile la risposta sulla base del nostro legittimo diritto all’autodifesa e che durerà finché sarà necessario», ha scandito il ministro degli esteri iraniano, Abbas Aragchi, dopo l’attacco ai siti nucleari, dai quali peraltro era stato rimosso tempestivamente il materiale fissile.
«Una svolta, una scelta coraggiosa che cambierà la storia… la necessità della forza per rendere più forte la pace», la eco invece di Netanyahu, che abilissimo nel vellicare ancora una volta l’imbarazzante egolatria del presidente americano, ha espresso le sue personali congratulazioni a Trump.
Quali saranno le conseguenze dopo l’intervento dei B2? Intanto, il mondo arabo sunnita, che sta comunque apprezzando la moderazione espressa fin qui dall’Iran (sciita), è seriamente preoccupato dalle ricadute economiche legate al costo del petrolio e al destino dello stretto di Hormuz, sulla rotta delle petroliere, oltre al pericolo dell’ennesima destabilizzazione di area. L’angoscia maggiore, tuttavia, riguarda il rischio di estensione e di radicalizzazione del conflitto, oggi con la miccia più corta. L’Iran, impegnato nel suo progetto del nucleare civile, sotto l’attacco Israele/US potrebbe accelerare suoi programmi e magari virarli verso impieghi militari (vengono in mente le cosiddette «bombe sporche»). Si potrebbero immaginare - benchè improbabili - ritorsioni sui contingenti americani impegnati in Medioriente, magari con il supporto dell’Asse della Resistenza (va ricordato però che ne è venuto meno un pezzo importante con la deposizione del presidente siriano Bashar el Assad) a cominciare dagli Houthi yemeniti, per arrivare agli sciiti iracheni.
Tutt’altro che vicino, invece, appare il progetto sognato da Netanyahu e condiviso da Trump (entrambi oramai lo hanno esplicitato), di abbattere il regime e di costruire un governo fantoccio da imporre a Teheran. La teocrazia di Khamenei con ogni probabilità è al capolinea, ma sulla strada degli opportunismi restano i Guardiani della Rivoluzione, in lingua farsi «i pasdaran», istituiti da Khomeni nel’79, per consolidare la rivoluzione, diventati nel tempo un potere egemone all’interno del potere e il più spietato. Dobbiamo immaginare che questo immenso Paese dalla storia millenaria, forte di radici uniche e di un grande popolo patisca la frantumazione dei suoi diritti, passando dagli Ayatollah ai generali? In questa ennesima guerra evitabile, imprevedibile e lasciata all’irresponsabilità di chi la sta conducendo, niente è da escludere. Disturba in ogni caso l’ipocrisia e l’improvvisazione che sta segnando i destini dei popoli e dunque di ciascuno di noi.
Ma l’Ucraina? stesso copione. Putin, che si è proposto addirittura come mediatore nella crisi in corso, alza la posta del suo gioco. Ha fatto scuola a Netanyahu e a Trump.
Pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno del 23 giugno 2025