Sono andata in giardino ed ho raccolto delle rose. Le ho fotografate, una nuvola gialla profumata, e le ho inviate con un post alla mia mamma.
La tecnologia serve anche a portare da lontano un dono alle donne che contano. I giornali nazionali ed internazionali insistono sulle immagini rassicuranti del nuovo Papa, sulle fotografie minacciose di Trump e sulla grinta dei leader impegnati contro la guerra sui tanti fronti aperti. Ma la tregua, la pace non riguardano soprattutto le donne, che più di chiunque altro lottano ogni giorno, senza armi, per il diritto alla vita? Nella giornata che riconosce il valore della maternità sarebbe stato il caso di celebrarla. La premier Meloni, in un breve messaggio, se n’è ricordata.
Sono le nostre società impoverite di risorse e di valori, strattonate da politiche sempre più muscolari, interpretate anche da quelle donne che vogliono somigliare nel peggio ai maschi, che continuano a legittimare l’ineguaglianza, anche di genere, che fa da scenario ad una sequela di disastri, premessa di altre sciagure. Singolare: all’attentato del 22 aprile scorso in Kashmir, l’ultima scintilla che acceso le polveri mai spente del conflitto tra Pakistan ed India, hanno dato il nome di «Operazione Sindoor». Il termine significa «vermiglio», identifica il cerchietto rosso che le donne hindu sposate portano al centro della fronte e che cancellano quando diventano vedove. Nel raid sanguinoso in Kashmir, un paese dove da sempre il prezzo più alto lo pagano i civili, erano stati uccisi turisti maschi non musulmani. Si è trattato dell’atto terroristico di un’organizzazione con sede in Pakistan, punito dall’India con un attacco missilistico, che ha fatto temere un nuovo pericolosissimo fronte, considerato che entrambi i paesi sono potenze nucleari. Trump ha solo favorito una tregua fragile, in uno scenario instabile, che al momento non vuole arrivare allo scontro definitivo, considerati gli interessi in gioco delle superpotenze.
La Cina, vicina al Pakistan, anello importante della sua cintura economica euro-asiatica nella «Belt and Road Initiative», la nuova via della seta; l’India, che si destreggia in una politica neutrale, sempre più vicina agli interessi americani e più in generale occidentali. Indirettamente, da parte di Trump, un segnale ostile alla Cina, negli incubi del presidente. Lo stesso Trump - come riporta il New York Times in prima pagina - ha ordinato alle agenzie federali di abbandonare l’uso degli strumenti per ridurre la discriminazione delle minoranze, guardando in particolare a quelle afro-asiatiche, che rappresenta il fondamento della legge sui diritti civili americani. Un ordine esecutivo - commenta l’autorevole quotidiano americano - che avrà conseguenze pesanti e variegate, a disperate impact, soprattutto per le donne e per i bambini delle diverse etnie. Eppure, nell’altalena di segnali contraddittori, dopo l’incontro di sabato a Kiev del premier Starmer, del presidente Macron e del cancelliere tedesco Merz con il presidente Zelenski, cui hanno partecipato da remoto altri leader europei, tra cui la presidente Meloni, proprio l’ultimatum di Trump a Putin potrebbe sortire effetto. Lo zar ha deciso di rispondere, lo ha fatto alle due del mattino. Tra sabato e domenica ha convocato i giornalisti in conferenza stampa. È andato a braccio tra blandizie e minacce. Ha definito «volenterosi» non i leader europei che si erano appena riuniti a Kiev, nell’ambito della coalizione per la pace, di concerto con il presidente americano, ma i suoi ospiti del giorno precedente alla cerimonia patriottica per festeggiare la vittoria russa nella seconda guerra mondiale, attento soprattutto alla Cina. A sorpresa, ha aperto al negoziato: «Un obiettivo che richiede la fine del conflitto in Ucraina per stabilire una pace giusta», le sue testuali parole. Si è rivolto poi al presidente turco Erdogan, invitato a Mosca ma assente, perché predisponesse una sede di colloqui ad Istanbul a partire dal 15 maggio. Ci si è interrogati sulle ragioni: forse l’ansia di perdere l’ultima finestra di dialogo, sponsor gli Stati Uniti, laddove l’impazienza di Trump potrebbe preludere al disimpegno americano, lasciando la guerra al contesto europea che oramai sembra escludere vantaggi?
Non sarebbero però da sottovalutare i lunghi faccia a faccia dietro le quinte della Piazza Rossa, in particolare con il grande fratello cinese. Il presidente Xi Jinping è alle prese con altri scenari: la rovinosa guerra dei dazi e il potenziale conflitto nel quadrante dell’indo-pacifico, guardando a Taiwan. Forse, la guerra in Ucraina potrebbe aver esaurito il suo tempo. C’è poi il malessere, benché ferocemente represso, che oramai serpeggia in Russia, attraverso i messaggi postati sulla rete, con le madri dei soldati spediti al fronte, altrettanto in prima linea. L’immaginazione può spingersi oltre. Perché non considerare l’avvento del nuovo Papa, salutato con ossequio dal patriarca di Mosca, Kirill, rimasto isolato nell’arcipelago cristiano, ma vicinissimo a Putin? LeoneXIV, all’inizio della guerra in Ucraina, quando era vescovo in Perù, aveva condannato senza mezzi termini l’invasione russa, definendola «imperialista» e un «crimine contro l’umanità». I vantaggi di un avvicinamento a colui che oggi incarna l’autorità morale nel mondo potrebbe essere stato preso in considerazione. Come sempre, dinanzi agli scenari, ricorrono non una ma più ragioni. Perché vengono a mancare davanti all’oceano di sangue di Gaza? L’indifferenza, assurda e colpevole, lascia inerti le cancellerie, che siano occidentali, arabe o asiatiche, nonostante l’efferatezza del governo Netanyahu, accecato da un disegno altrettanto imperialista a tutto campo, responsabile con il suo governo di un crimine contro l’umanità, realizzato con ogni mezzo, anche la fame. Rimangono solo le coscienze di chi almeno prova a manifestare.
Ancora nello scorso fine settimana sul web, l’iniziativa «The last day of Gaza». Riflessioni, denunce, testimonianze. Troppo poco. Pagano un prezzo inaudito civili inermi, ai quali è negata anche l’umanità. Non è inaccettabile che le donne e con loro i bambini restino comunque le prime vittime? Nel segno delle madri, allora. Ovvero di società che possano diventare migliori. Dopo la domenica, anche di lunedì.
Pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno del 12 maggio 2025