L’accelerazione potrebbe suggerire con ironia (se non addirittura speranza) la possibilità che un’amministrazione annunciata dalla violenza di uno tsunami, così come è arrivata poi finirà. Magari in pezzi, fra i detriti rimasti sugli scogli delle elezioni di metà mandato.
È trascorsa appena una settimana dall’insediamento del 47/esimo presidente americano e il suo martellante ritmo di esternazioni e decreti costringe chiunque ad occuparsi quotidianamente di lui, oltre che a temerlo o ad osannarlo, mentre l’America rincorre nuovi traguardi di impopolarità.È trascorsa appena una settimana dall’insediamento del 47/esimo presidente americano e il suo martellante ritmo di esternazioni e decreti costringe chiunque ad occuparsi quotidianamente di lui, oltre che a temerlo o ad osannarlo, mentre l’America rincorre nuovi traguardi di impopolarità.
Tra due anni, infatti, si rinnoveranno tutti i seggi della Camera dei rappresentanti, un terzo di quelli del Senato e la maggior parte delle cariche esecutive dei singoli stati federali. Il sistema istituzionale costruito negli Stati Uniti può rendere il presidente un’anatra zoppa, perché avendone giudicato l’operato, di fatto, ne può ridimensionare i poteri. Tuttavia, dopo appena una settimana, porre questa eventualità sfiora il ridicolo, né da conforto. Nello Studio Ovale pare che siano già pronti un centinaio di executive ordersovvero i decreti firmati alla casa Bianca, diventati per consuetudine espressione del potere esecutivo, che scardinano ciò che resta di un mondo già alla guida dell’Occidente, di cui siamo parte oltre che alleati, e che ci rispecchiava.
Ma niente è accaduto all’improvviso, ci troviamo di fronte a un progetto, che ha richiesto tempo, senza lasciare niente al caso, con una carica dirompente sulla vita del pianeta. I due «super uomini» autori del MAGA (make-America-great-again) vanno dritti sulla strada di un modello inedito, un assolutismo senza Stato, versione 4.0, oltre i partiti ma con chiare simpatie a destra, nel primato dei generi e delle razze (orribile dover usare questi termini) per un dominio condiviso tra uomini, maschi bianchi, con un’anagrafe che non comprende i giovani né le donne, mirato all’esercizio di un potere globale, segnando la strada del futuro da imporre al resto dell’umanità.
Lo spettacolo dei sudamericani, incatenati nel primo giorno della deportazione (obiettivo al primo posto del nuovo governo US), cui si sono aggiunte le immagini dei rambo super armati a presidio dei confini del Messico, è stato agghiacciante. Era l’espressione degli schiavi del terzo millennio, di cui chi scrive ha dato titolo a un libro, dove mancavano le donne e i bambini, celati solo per opportunità politica, purtroppo però in catene già da tempo, non solo su quel confine.
In una settimana appena si è srotolato il nastro di inaudite violazioni dei diritti umani (libertà, uguaglianza, generi, giustizia ), dell’ufficiale disconoscimento dei cambiamenti ambientali in atto, a fronte del saccheggio autorizzato del suolo e del sottosuolo; si è sommato il ritiro dalle politiche sanitarie mondiali (gli Stati Uniti, primo finanziatore dell’OMS, l’organizzazione mondiale della sanità, hanno abbandonato i Paesi più poveri); e senza battere ciglio, si è aggiunto il ricatto economico dei dazi, rivolto all’Europa e al resto del mondo, oltre a quello finanziario di forti investimenti pubblici e privati nei tuttora inaffidabili bitcoin, aggiungendo quasi con leggerezza l’annuncio di voler far saltare il tetto del debito pubblico federale per avere le mani libere nella gestione del bilancio 2025.
È stata un’irruzione aggressiva sulla scena, che rischia di favorire clonazioni inquietanti, ma che soprattutto non tiene conto delle conseguenze interne ed esterne della «radicalità», di per sé una forma di estremismo a volte perfino necessaria, che tuttavia se espressa dagli Stati Uniti d’America, ovvero dalla potenza che rivendica la sua egemonia mondiale, può diventare pericolosa. L’Occidente di cui invece noi siamo espressione, l’Europa, pur nelle sue inadeguatezze e indecisioni, con il senso politico che le è proprio, dovrà valutare come porsi nel breve periodo, ma costruendo una strategia per il futuro. E dovrà recuperare, tra le altre cose, anche il gap tecnologico, colpevolmente accumulato.
Non si va lontano con le politiche del doppio standard ( gli schieramenti internazionali a prescindere dal canone della giustizia, vedi l’esempio dell’Afghanistan o dell’Iran e poi la Libia, fino a Gaza ) o nella ricerca della pace in Ucraina attraverso una scelta di riarmo (il potenziamento della spesa a vantaggio delle lobby di guerra e l’allargamento della Nato a scapito di un serio impegno per il dialogo). Né la predisposizione della normativa per l’Intelligenza Artificiale (l’AI Act approvato lo scorso anno dal Parlamento di Strasburgo) si è dimostrata fin qui sufficiente. All’ostentazione della volontà di conquista planetaria, nel critico rapporto con la Cina, oltre alle mire di espansione territoriale regionale (Groenlandia, Canada, Messico) dell’attuale presidenza americana, urge il contrappunto, sul vecchio continente, di un sereno esame di coscienza. Senza rincorse.
È tempo di mettere in campo le infinite risorse intellettuali, politiche ed economiche di cui si dispone, alleggeriti dalla tara degli opportunismi che si sono appoggiati a contorte burocrazie, raccogliendo da subito la sfida del fondamentalismo di destra sul territorio dell’Unione. Nella cornice di Davos, dove si è svolto il summit economico mondiale 2025, sono risuonate vigorose, nelle diverse sfumature, le voci della Lagarde, presidente della Banca Europea, della Georgieva, direttrice generale del Fondo monetario internazionale, della Metsola, presidente del Parlamento Europeo, della von der Leyen, ai vertici dell’esecutivo di Bruxelles.
Voci declinate al femminile, timbri di cui si sentiva la mancanza, voci necessarie nel balance dei ruoli, a prescindere dal genere, che hanno coniugato le necessità dell’agire alle ragioni della prudenza. Le soluzioni richiedono equilibrio. Mentre nel salone di Capitol Hill veniva lasciato alle donne lo spazio dei complementi di arredo, escludendo del tutto qualsiasi altra articolazione di genere, il mondo dei maschi bianchi di Trump - se ne usa il nome solo ora in questo articolo, considerato che la pubblicità dilata gli spazi – si esibiva nell’arrogante negazione dei presupposti che la civiltà ci ha consegnato. Per gli obiettivi sostenibili, durevoli nel tempo, a cominciare dalla Pace, il futuro continuerà a copiare il passato, con le sue visioni inclusive, nonostante gli egoismi materiali che si ripeteranno.
Pubblicato su La Gazzzetta del Mezzogiorno del 27/01/2025