Il legame tra una città e la sua gente, un valore che la globalizzazione non ha distrutto, nell'Italia del Sud è compiuto, profondo. Il senso della comunità si percepisce appena arrivi, deve esserci qualcosa nell'aria, nelle pietre, nei riflessi del cielo. A Lucera, fredda, in una sera d'inverno, ti offrono subito i tesori, che colmano di orgoglio chi la vive, nè manca la voce appassionata di un giovane critico d'arte. Ecco la mestosa cattedrale gotica, custode di storie secolari; più avanti la facciata bellissima della basilica minore dedicata a un santo francescano, che chiamano Padre Maestro (un altro San Francesco, che aggiunge al nome, Antonio Fasani) luogo inatteso , con opere preziose, gremito di fedeli, tra le tante fiammelle della candelora. E poi la via dello struscio, degli sguardi, le prospettive architettoniche, i palazzi nobiliari, proprio lì accanto "il Circolo Unione" più che centenario, con i suoi stucchi, i grandi lampadari, le poltroncine di pelle rossa e nelle altre sale i biliardi e i tavoli per il burraco. TI chiedi: se erano tutti in chiesa, chi ci sarà? Invece, il salone è pieno e ci sono posti in piedi. La puntualità è stata osservata con rigore. Il presidente, Silvio, un collega della Gazzetta del Mezzogiorno, è già pronto con le sue domande: parleremo di un libro, il mio romanzo, che affonda nell'attualità ma con il passo e i personaggi di una storia coniugata nell'era digitale.
È stata una serata piacevole, come tra vecchi amici, insieme per due ore filate e più. Tutte le copie consegnate alla lettura.
Mentre a tarda sera scorro le notizie della giornata, non posso fare a meno di pensare, che forse non ci si rende conto abbastanza del senso e della forza di una comunità che esprime partecipazione e che si interroga. Lucera è tra le candidate al titolo di capitale italiana della cultura 2026, forse, dovrebbe crederci di più e comunque, costruire con più sagacia il percorso che serve. E se questo traguardo non dovesse essere raggiunto, ne potrà mettere in cantiere un altro e un altro ancora. Come si dice per i figli: appartengono a chi li cresce, così è per una città si può dire : appartiene, a chi la vive, prima di tutto. Gli altri passano. la storia lo sa, lo ripete, ma non alza la voce.